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Afgani delle province settentrionali, fuggiti dalle loro case a causa dei combattimenti tra i talebani e le forze di sicurezza afgane, si rifugiano in un parco pubblico a Kabul, Afghanistan, 13 agosto 2021. ©2021 AP Photo/Rahmat Gul

Questo documento è stato aggiornato il 9 settembre per riflettere che il servizio aereo umanitario delle Nazioni Unite ha ripreso le operazioni internazionali dall'aeroporto di Kabul e alcuni voli nazionali sono operativi. I media hanno riferito che il 9 settembre, un volo Qatar Airways è partito dall'aeroporto internazionale di Kabul con circa 200 passeggeri.

La presa di potere da parte dei talebani in Afghanistan, avvenuta nell’agosto 2021, ha spinto decine di migliaia di afgani a fuggire, spesso ricorrendo a misure disperate. Molti altri che hanno ancora intenzione di scappare stanno ancora cercando un passaggio sicuro per poter lasciare il paese. Sono moltissimi gli afgani che corrono il rischio di essere presi di mira per la loro passata collaborazione con le forze della coalizione: L’ex governo afgano, i programmi internazionali di sviluppo, i media, la società civile e altre organizzazioni che promuovono i diritti umani. A voler fuggire dal paese ci sono anche donne e bambine con le loro famiglie, specialmente quelle che temono di non poter più lavorare o studiare.

L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha previsto che mezzo milione di afgani potrebbe tentare di lasciare il paese alla fine del 2021. Molti afgani temono di subire rappresaglie e persecuzioni sotto il governo talebano e sperano di poter chiedere asilo o di trovare altre strade per migrare all’estero in maniera sicura. Alcuni afgani già fuori dal paese stanno cercando una protezione temporanea o uno status legale permanente all’estero.

Questo documento, redatto sotto forma di domanda-e-risposta, analizza le risposte politiche dei governi alla crisi dei rifugiati dall’Afghanistan dalla prospettiva dei diritti umani.

Chi è stato evacuato dall’Afghanistan ad Agosto? Chi rimane?

Nei giorni successive alla presa di potere dei talebani ad Agosto, un ponte aereo multinazionale guidato dagli Stati Uniti ha aiutato diversi possessori di passaporto internazionale e afgani a fuggire su centinaia di voli di evacuazione frettolosamente coordinati dall’aeroporto internazionale Hamid Karzai di Kabul. Gli ufficiali americani del Pentagono hanno riferito che i voli coordinati hanno evacuato quasi 125.000 persone. Tra queste vi sono molti membri dello staff di ambasciate e organizzazioni non governative, e anche coloro che erano muniti di passaporti stranieri.

Ma diverse migliaia di afgani che hanno cercato di fuggire, molti dei quali temono per la loro vita sotto il comando Talebano, non sono stati evacuati. Si pensa che diverse centinaia di possessori di passaporti stranieri sono ancora presenti nel paese.

Tra gli afgani che sono stati evacuati con le loro famiglie c’erano quelli a cui erano stati garantiti dei visti per aver collaborato con le forze militari della coalizione o chi aveva lavorato con programmi finanziati da paesi esteri. Un numero inferiore di afgani in cerca di visto o di asilo a causa del timore di una persecuzione dovuta alla loro identità hanno avuto la possibilità di imbarcarsi sugli aerei come rifugiati, come anche quelli con membri della famiglia che vivono all’estero, secondo il diritto alla riunificazione familiare.

Molti afgani che avevano tutti questi requisiti non hanno avuto la possibilità di assicurarsi un visto o un volo o di avere accesso all’aeroporto in tempo. La corsa all’evacuazione della maggior parte dei civili è finita dopo che un attacco bomba fuori dall’aeroporto il 27 di agosto ha ucciso decine di persone.

Gli afgani hanno diritto a lasciare il paese?

Secondo la legge internazionale sui diritti umani, chiunque ha il diritto di lasciare il proprio paese, e chiunque legittimamente in un paese ha il diritto di spostarsi all’interno di quel paese.

Le restrizioni a questi diritti possono essere solo imposte ove previste dalla legge, per uno scopo legittimo, e come risposta proporzionata a un legittimo obiettivo di governo.

Le autorità talebane sono state citate in quanto loro non vogliono che gli afgani lascino il paese. Hanno assicurato che ai cittadini afgani provvisti di autorizzazioni a viaggi esteri sarà permessa la partenza, ma anche questo requisito viola il diritto alla libertà di movimento.

Il 30 agosto agosto il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che ha espresso la speranza per cui “i talebani adempiranno ai loro doveri” e ha riferito che i Talebani promettono che:

Gli afgani potranno viaggiare all’estero, lasciare l’Afghanistan quando vogliono, e utilizzare qualsiasi via di uscita dai confini, aerea e di terra, incluso l’aeroporto di Kabul riaperto e messo in sicurezza, senza che nessuno glielo impedisca, compresa la partenza sicura e ordinata dall’Afghanistan, oltre che per gli afgani, per i cittadini provenienti dall’estero.

Rimane da vedere se i talebani adempiranno a questi doveri. L'aeroporto internazionale di Kabul è attualmente fuori servizio. Il Qatar e la Turchia stanno dialogando con i talebani circa la gestione dell’aeroporto di Kabul, al quale manca il servizio di controllo del traffico aereo. Mentre il Servizio Umanitario Aereo delle Nazioni Unite ha ripreso le operazioni internazionali e alcuni voli domestici, non è chiaro quando riprenderanno i voli commerciali internazionali.

La partenza dal paese è attualmente possibile solo attraverso i confini di terra. I confini ad est e a sud dell'Afghanistan con il Pakistan sono riaperti dall'agosto 2021. Ma le autorità pakistane sono state contrarie all’ingresso di nuovi rifugiati afgani, lasciando una grande folla ad aspettare ai cancelli. Il governo pakistano ha suggerito invece che l’UNHCR dovrebbe mantenere i campi all’interno del confine afgano.

Nel confine ad ovest con l’Iran, rapporti dei media riportano che le autorità hanno allestito campi temporanei per ricevere gli afgani. Almeno 1000 afgani sono stati segnalati per aver avuto accesso al paese attraversando Dogharoun, ma gli ufficiali iraniani hanno affermato che coloro che sono entrati nel paese saranno rimpatriati una volta che le condizioni saranno migliorate.

Turkmenistan, Uzbekistan, e Tajikistan si trovano a nord dell’Afghanistan. Secondo i media, i piloti militari afgani in cerca di asilo hanno portato elicotteri e aeroplani nella Uzbekistan e Tajikistan. Le forze dell’ex governo afgano hanno attraversato un ponte nel territorio dell’Uzbekistan utilizzato dalle forze sovietiche in ritirata tre decadi fa. Le autorità uzbeke hanno comunicato di aver offerto un punto di transito temporaneo agli afgani, senza accettare rifugiati, e per questo hanno da quel momento chiuso i confini con l’Afghanistan. Analogamente, il Tajikistan ha messo a disposizione un campo temporaneo per gli afgani.

Tutti gi afgani che lasciano il paese hanno diritto allo status di rifugiato?

Nessuno dovrebbe essere costretto a tornare in Afghanistan in questo momento, e tutti gli afgani hanno bisogno almeno temporaneamente, se non permanentemente, di una protezione legale.

Secondo la Convenzione sui Rifugiati del 1951, un rifugiato è colui che è impossibilitato o non vuole tornare nel suo paese di origine a causa di una ben fondata paura di essere perseguitato per razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinione politica. La persecuzione basata sul sesso, inclusa la discriminazione di genere e persecuzione nei confronti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT) può permettere di ottenere lo status di rifugiato. La minaccia di tortura o di trattamenti disumani o degradanti possono essere motivo di non-refoulement (non rimpatrio), secondo la legge internazionale sui diritti umani.

Spesso in situazioni di crisi, grandi gruppi di persone sono riconosciuti come rifugiati secondo il criterio detto “prima facie”, cioè che lo stato di rifugiato vieni riconosciuto semplicemente sulla base della nazionalità o altre caratteristiche condivise. I paesi possono anche fornire a queste persone una protezione temporanea senza determinare lo status di rifugiato.

Tutti i richiedenti asilo afgani ne avrebbero diritto secondo il criterio prima facie o dovrebbero avere accesso a dei processi giusti ed efficaci a determinare il loro bisogno di protezione e di riconoscimento dello status. Quanto meno, dovrebbero aver diritto a una protezione temporanea mentre gli accertamenti sulla determinazione dello status sono in corso.

Gli afgani hanno subito 40 anni di guerra nel loro paese, e molti sono stati costretti a fuggire, spesso rapidamente, durante quelle decadi. Almeno 2,6 milioni di afgani stavano già vivendo all’estero con lo status di rifugiati, la maggior parte di essi nei vicini Pakistan, Iran e Turchia. Più di 3 milioni di persone sono state dislocate all’interno dell’Afghanistan alla fine del 2020. L’agenzia dei rifugiati delle Nazioni Unite ha stimato che circa altri 550.000 afgani sono stati spostati, sempre nei confini del paese, dall’inizio dell’anno fino al 10 di agosto, includendo circa 240 mila sfollati a partire dalla ritirata delle forze armate della coalizione iniziata a maggio.

Con gli anni, la maggior parte dei cittadini afgani che hanno lasciato il loro paese sono stati ospitati dai paesi confinanti Iran e Pakistan. Altri hanno raggiunto la Turchia, la Germania e l’India. In passato, gli afgani arrivati in Iran e Pakistan sono stati riconosciuti come rifugiati prima facie. Ma, a causa delle incoerenti politiche sul riconoscimento dello status, questi rifugiati ad oggi non vengono più riconosciuti come tali.

A luglio, l’Iran ospitava 800 mila rifugiati e fino a 3 milioni di altri sfollati afgani. I rifugiati e i richiedenti asilo dall’Afghanistan hanno anche subito abusi in Iran, tra cui il non poter vivere all’interno delle “no-go areas”, ovvero aree in cui la maggior parte delle province sono vietate ai non cittadini. Gli è stato, dunque, vietato l’accesso all’educazione e inoltre molti di loro sono stati detenuti ed espulsi senza un giusto processo. Tra il 2019 e l’inizio del 2021, l’Iran ha rispedito quasi 1,5 milioni di afgani nel loro paese, molti senza volerlo.

Il Pakistan ospita 1,4 milioni di rifugiati e fino a 2 milioni di altri sfollati provenienti dall’Afghanistan. Per anni, gli afgani che hanno vissuto in Pakistan hanno subito abusi dalla polizia e rimpatri forzati.

Anche se le giurisdizioni interpretano a loro modo i propri obblighi, l’associazione Human Rights Watch considera che il principio di non-refoulement sia da estendere ad altri seri rischi per la vita e per l’integrità fisica che sono determinati dalla violenza e dalle situazioni eccezionali. I paesi che ricevono gli afgani dovrebbero adottare procedure per prevenire la separazione dei bambini dalle loro famiglie e facilitare il tracciamento e la riunificazione familiare.

Quali governi hanno assicurato di ricollocare gli afgani come rifugiati?

Alcuni governi si sono detti disponibili a reinsediare i rifugiati provenienti dall’Afghanistan:

  • Il Canada ha assicurato di reinsediare fino a 20 mila afgani vulnerabili, tra cui donne che svolgono ruoli apicali, persone appartenenti alla comunità LGBTI, giornalisti e persone che hanno assistito i giornalisti canadesi, i difensori dei diritti umani che si trovano già al di fuori del paese e che non hanno una soluzione durevole in un terzo paese.
  • Il Regno Unito ha annunciato che accetterà 5 mila afgani vulnerabili nel primo anno, con un massimo di 20 mila a lungo termine, e che intende dare priorità a “donne, ragazze, bambini e quelli che sono più esposti ad abusi da parte dei Talebani”.
  • Il governo australiano ha messo a disposizione 3 mila posti nel esistente piano annuale di ammissione di 13.750 rifugiati.
  • Il Messico ha garantito il reinsediamento a più di 100 giornalisti e membri della squadra femminile di robotica.
  • Il governo di Costa Rica ha annunciato che ospiterà donne e ragazze dall’Afghanistan, e che i gruppi di donne che collaborano con il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione è già atterrata nel paese.
  • Gli Stati Uniti devono ancora annunciare uno specifico piano di accoglienza per i rifugiati afgani, ma hanno offerto ad alcuni afgani che hanno collaborato con i media e con le organizzazioni no-profit americane o con programmi finanziati e supportati dal governo americano acceso a una procedura prioritaria per l’esame delle loro domande di asilo (Priority 2 (P-2) processing). Il limite annuo imposto dagli Stati Uniti per i rifugiati provenienti da tutto il mondo nell’anno fiscale 2021, che termina il 30 di settembre, è di 62.500. A partire dal 31 luglio, solo 494 afgani sono stati ammessi nel programma dell’anno corrente.

Ad oggi, mentre un piccola parte di rifugiati afgani hanno avuto accesso in paesi dell’Unione Europea, per esempio, l’Irlanda ha annunciato che ha trovato posti per 150 afgani nel suo programma di protezione rifugiati, l’Unione Europea non ha ancora preso alcun impegno per il reinsediamento di rifugiati afgani. Invece, il Consiglio europeo ha dichiarato il 31 di agosto che si vuole stabilire una collaborazione con i paesi vicini all’Afghanistan che stanno già ospitando un grande numero di rifugiati per “prevenire migrazioni illegali dalla regione, rinforzare la loro capacità di gestione dei confini e prevenire il traffico di migranti e la tratta di esseri umani”. Il Consiglio ha inoltre stabilito che “le clausole sui nazionali di paesi terzi negli accordi sulla riammissione tra UE ed alcuni paesi di transito dovrebbero essere utilizzati ove vi siano i requisiti legali per farlo”, affermazione che sembra suggerire che i paesi membri dell’Unione Europea dovrebbero restituire i richiedenti asilo afgani ai paesi extra-comunitari attraverso cui hanno transitato.

L'UNHCR ha affermato che “i programmi bilaterali sull’evacuazione non dovrebbero, comunque, mettere in ombra o sostituire un’urgente e grande risposta umanitaria internazionale.” L’agenzia dei rifugiati delle Nazioni Unite dovrebbe prendere l’iniziativa coordinando ed incoraggiando gli impegni umanitari verso l’accettazione di più rifugiati. La maggior parte dei richiedenti asilo afgani rimarranno nei paesi confinanti e in Turchia, ma più i governi occidentali più ricchi falliscono nell’ospitare gli afgani come rifugiati più rischiano di consumare la buona volontà dei paesi in prima linea per l’aiuto. I paesi donatori dovrebbero impegnarsi a finanziare servizi e supporto per gli afgani in paesi confinanti con l’Afghanistan e in Turchia, per aiutare e condividere le responsabilità.

Secondo un rapporto del Financial Times, la Commissione europea ha pianificato di assegnare 600 milioni di euro ai paesi vicini dell’Afghanistan, tra i quali si intendono Iran, Pakistan, Tajikistan e Uzbekistan, per aiutare a coprire le spese generate dall’afflusso di afgani, e 300 milioni di euro in assistenza umanitari nel paese, stanziati maggiormente per donne, ragazze e altri gruppi vulnerabili. Ad ogni modo, questo tipo assistenza, seppur necessaria, non deve servire come giustificazione per rifiutare i rifugiati afgani all’interno dei confini dell’Unione Europea.

Quali altre opzioni hanno messo a disposizione i governi nei confronti degli afgani in cerca di un visto?

Per gli afgani sono disponibili i regolari procedimenti per l’ottenimento del visto, ma in pratica, è stato incredibilmente difficoltoso assicurarsi dei documenti che li autorizzassero a viaggiare. I checkpoint talebani, i consolati chiusi, i documenti distrutti per ragioni di sicurezza, hanno di fatto impedito agli afgani di seguire percorsi regolari per l’ottenimento del visto. Ma coloro che cercano di migrare possono ancora seguire quei procedimenti legali per entrare in altri paesi, ad esempio attraverso i permessi per gli studenti, per gli artisti di spettacolo, visite sclastiche e programmi di riunificazione familiare.

Alcuni governi hanno annunciato nuovi procedimenti emergenziali per l’ottenimento del visto specifici per gli afgani. Ad esempio, il Pakistan ha offerto dei visti ai giornalisti e a coloro che lavorano per i media. L’India ha annunciato una domanda online di visto, data l’emergenza, disponibile per tutti gli afgani che hanno annullato i visti emessi in precedenza. Il programma speciale del Canada si concentra su coloro che hanno lavorato come interpreti o nello staff nazionale nelle ambasciate fuori dal paese. Il Regno Unito ha offerto un’assistenza per il reinsediamento di persone che hanno lavorato in precedenza o che lavorano nel paese, inclusi coloro che hanno perso il lavoro a causa della riduzione delle operazioni.

Il Sud Corea ha evacuato e reinsediato centinaia di afgani che hanno lavorato con loro in Afghanistan, conferendogli il titolo di “merito speciale.” Il governo tedesco ha aperto un programma per fornire la residenza in Germania ad afghani che abbiano lavorato con ministeri tedeschi, agenzie di sviluppo e forze armate dal 2013 insieme alle loro famiglie di base. Altre iniziative umanitarie sosterranno individui appartenenti a gruppi vulnerabili tra cui giornalisti, difensori dei diritti umani e membri dell'opposizione politica per assicurare loro la residenza in Germania. Berlino stima che decine di migliaia di persone ancora in Afghanistan abbiano diritto alla residenza in Germania. Il governo tedesco riferisce di non conoscere il numero esatto.

Il Regno Unito ha fatto sapere che c’è una strada per chiedere l’ammissione per motivi umanitari oltre alle regole standard per l’immigrazione. Il Regno Unito dovrebbe formalmente espandere il suo programma di reinsediamento e assistenza per gli afghani in modo da includere come eleggibili nella categoria 5 tutti coloro che corrono un elevato rischio di persecuzione dal governo talebano. Espandere questo tipo di programmi produrrebbe un maggiore stato di certezza e provvederebbe a un grado di trasparenza come per gli schemi e i criteri che dovrebbero essere applicati.

Il Visto Speciale per gli Immigrati statunitense è stato stabilito per chi ha lavorato in precedenza con il governo americano e le sue forze militari. Secondo la legislazione americana, il permesso umanitario (humanitarian parole) è un’alternativa che permette ad alcuni migranti di entrare nel paese temporaneamente e poi chiedere asilo o completare altre domande di visto. Il 23 agosto, il Dipartimento della Sicurezza di Stato americano ha annunciato che avrebbe “lasciato entrare alcuni afgani negli Stati Uniti, analizzando caso per caso, per un periodo di due anni e successivamente a un’appropriata verifica, ammesso che il loro spostamento negli Stati Uniti avvenga in conformità con l’operazione Allies Refugee (Il ponte aereo di agosto 2021 che attraverso il governo americano e i suoi alleati di coalizione ha trasportato 125 mila persone).” Il governo statunitense dovrebbe rivedere le sue politiche in modo che gli afgani a cui è permesso di entrare negli Stati Uniti per motivi umanitari siano automaticamente provvisti di un’autorizzazione per lavorare, permettendogli di integrarsi e di assicurarsi mezzi di sostentamento.

I paesi che stanno considerando l’ammissione degli afgani nel proprio paese non dovrebbero limitarsi solo a includere personale della sicurezza o interpreti che hanno lavorato con il governo statunitense o le forze di coalizione ma dovrebbero includere chiunque abbia lasciato il paese a causa del loro credo, delle loro attività o della propria identità e che si trova a rischio di essere perseguitato, torturato, minacciato o comunque a rischio per la sua incolumità e integrità mentale sotto il governo talebano. L’Europa, gli Stati Uniti e gli altri governi dovrebbero dimostrare il loro impegno nell’ospitare gli afgani e reinsediarli permanentemente, attraverso permessi prolungati o esenzione dal visto, e sviluppando piani concreti per aiutare gli afgani a raggiungere quei territori in sicurezza.

Perché alcuni governi hanno trasferito alcuni afgani in paesi terzi?

Il ponte aereo statunitense fuori da Kabul ha reinsediato gli evacuati dall'Afghanistan in stazioni di smistamento in altre località, tra cui Albania, Kosovo, Nord Macedonia, Colombia, Ecuador, Cambogia, e Uganda. In alcuni casi gli evacuati sono stati portati negli Stati Uniti o nelle basi militari congiunte in Qatar, Germania, Spagna, Kuwait e Italia per uno smistamento accelerato. La Spagna è stata usata come hub di smistamento per i nuovi arrivati afgani evacuati dall'Unione europea.

Il governo statunitense utilizza questi siti per mantenere gli afgani mentre lavora alla documentazione per il reinsediamento o richieste per il visto, inclusi i controlli sulla fedina penale e gli accertamenti per la sicurezza. Non è ancora chiaro per quanto tempo gli afgani dovranno rimanere in questi paesi prima di essere trasferiti con la speranza di essere reinsediati in maniera permanente.

L'Human Rights Watch ha precedentemente criticato la scelta di inviare i richiedenti asilo in queste locazioni di smistamento, come l'uso di Nauru da parte dell’Australia, perché queste politiche hanno precluso ai richiedenti asilo l’ingresso al paese, e abbandonato i rifugiati in paesi di passaggio, spesso soggetti a detenzioni arbitrarie e altre violazioni dei diritti umani. Tuttavia, l’attuale uso di questi paesi terzi ha accelerato il ponte aereo afgano mentre resta ancora la promessa di reinsediamento in altri paesi, tra cui gli Stati Uniti.

Tenere temporaneamente gli afgani evacuati nelle basi militari statunitense o in altre sedi governative può essere appropriato se rimane come opzione limitata nel tempo e che rispetti i diritti umani. Gli afgani tenuti in queste stazioni di smistamento dovrebbero mantenere il diritto alla propria libertà di movimento conciliandola con appropriate restrizioni dovute al Covid-19, alla salute, e a cibo, acqua e riparo adeguati. Segnalazioni di sovraffollamento e di condizioni sanitarie inadeguate nella base aerea di Doha, nel Qatar, hanno destato serie preoccupazioni.

Come dovrebbero agire i governi nei confronti degli afgani presenti nel loro territorio?

Tutti i governi dovrebbero estendere lo stato di residenza agli afgani presenti nel loro territorio, dandogli la possibilità di restare senza andare incontro a rischi di deportazione o detenzione.

In linea con l'avviso di non-ritorno del 16 agosto da parte della UNHCR, in questo periodo nessun paese dovrebbe deportare le persone in Afghanistan.

Il governo statunitense dovrebbe indicare l'Afghanistan come un paese che dà automaticamente accesso a uno status di protezione temporanea, permettendo agli afgani già presenti negli Stati Uniti di lavorare legalmente ed esonerandoli dall’immigrazione e dalla detenzione, anche se restano più di quanto sia permesso loro dal visto. L'Unione europea dovrebbe valutare se attivare una direttiva di protezione temporanea nei confronti degli afgani, che gli permetterebbe di restare fino a tre anni con il diritto allo studio e al lavoro. Il Canada ha annunciato che renderà prioritarie le domande per l’estensione dello status di residenza temporanea per gli afgani già presenti in Canada come visitatori, studenti o lavoratori temporanei.

La legge internazionale sui rifugiati sancisce il principio di non-refoulement, il quale proibisce alle persone fare ritorno nelle situazioni in cui sono esposti al pericolo di persecuzioni, torture o altre serie minacce. Gli afgani che si presentino a qualsiasi confine di un territorio o altro porto di entrata per richiedere asilo non possono essere mandati indietro senza che le loro domande siano esaminati in una procedura completa ed equa.

Chiunque faccia espressa richiesta di asilo o abbia motivi di temere per la propria incolumità al ritorno in Afghanistan, a prescindere dal fatto che la richiesta sia stata formalmente inoltrata a proprio nome o di come questa paura venga espressa, ha diritto alla possibilità di richiedere asilo. I richiedenti asilo, almeno dovrebbero ricevere uno stato temporaneo di protezione per garantirgli che non verranno portati via e che verranno autorizzati a lavorare.

Tutti i paesi dovrebbero adottare una moratoria sulle deportazioni e gli afgani, i quali le domande asilo siano state rifiutate in passato, dovrebbero avere l'opportunità di ottenere la riapertura dei processi sulla base del cambiamento delle circostanze. La maggior parte dei paesi dell'Unione europea hanno ufficialmente annunciato una moratoria sui ritorni in Afghanistan. Anche il Giappone ha confermato che gli afgani non verranno deportati, almeno per adesso. Al contrario, è stato segnalato che l’Uzbekistan abbia riportato gli afgani nel loro paese dopo aver ricevuto assicurazioni dai talebani.

I governi non dovrebbero ignorare il dramma degli afgani abbandonati nel limbo tra i confini di due paesi. Dozzine di afgani sono bloccati tra la Polonia e la Bielorussia, e la Corte europea dei diritti umani ha emesso un provvedimento urgente nei confronti del gruppo che ha bisogno di assistenza umanitaria. La Turchia, secondo la legge, non riconosce nessun extra-europeo come rifugiato, ma riconosce circa 120.000 afgani come “rifugiati provvisori” con limitati diritti di movimento e residenza e limitate opportunità di lavoro. Si stima che circa quattro milioni di afgani senza documenti si trovino in Turchia, a rischio deportazione. I governi europei e altri dovrebbero assicurare l'accesso da parte degli afgani alle procedure di richiesta di asilo ai loro confini e non intrappolarli nel limbo tra due o più paesi.

Cosa possono fare i governi (e le comunità) per ospitare e integrare i nuovi arrivati?

I governi che hanno accettato i richiedenti asilo afgani dovrebbero stanziare sufficienti fondi per supportare le comunità e i gruppi locali che li ospitano. I programmi per i rifugiati dovrebbero considerare il bisogno di aiuto psicologico e mentale da parte dei nuovi arrivati, incluso il trauma della fuga forzata e della specifica difficoltà che potrebbero aver incontrato prima e dopo la partenza dall'Afghanistan. I paesi ospitanti dovrebbero iniziare da subito a provvedere per l'educazione dei bambini rifugiati entro i tre mesi dall'arrivo e rimuovere qualsiasi impedimento all’iscrizione, come le documentazioni richieste. I paesi donatori dovrebbero stanziare dei fondi adeguati per l'educazione di emergenza. I minori non accompagnati dovrebbero essere supportati per far sì che si riuniscano alla famiglia.

I sindaci dei paesi e delle città in Australia, Brasile, Camerun, Canada, Francia, Germania, Italia, Nepal, Paesi Bassi, Palestina, Portogallo, Scozia, Sierra Leone, Svizzera, Uganda e il Regno Unito e Stati Uniti hanno emanato una dichiarazione congiunta per chiedere ai governi nazionali di espandere i percorsi legali per permettere agli afgani di migrare, supportare le evacuazioni, decriminalizzare il loro viaggio, di fermare con la forza il ritorno dagli afgani nel loro paese di origine e di finanziare le città che danno loro accoglienza.

Il governo statunitense dovrebbe stanziare sufficienti fondi dal conto dell’Emergency Refugee and Migration Assistance (ERMA) per permettere Anni, organizzazioni della comunità afgana e alle associazioni di mutua assistenza di supportare l’arrivo e l’integrazione dei nuovi arrivati afgani negli Stati Uniti. In passato, i fondi dell’ERMA sono stati fondamentali per aiutare il governo americano ad incrementare il suo supporto ai rifugiati e agli sfollati interni dalla Siria, Somalia e Sud Sudan. Il fondo ERMA è una dotazione, che fa fronte a un “bisogno inaspettato e urgente per i rifugiati e la migrazione” qualora il presidente ritenga che sia “importante per l’interesse nazionale” ricorrere ad esso.

I governi dovrebbero chiedere all'Alto commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite di convocare un summit di emergenza al più presto possibile per riunire i paesi preoccupati e discutere un piano coordinato per reinsediare gli afgani, in particolare le persone esposte ad alto rischio e le loro famiglie, e finanziare i bisogni umanitari in paesi in cui si sta riversando una grande parte della comunità afgana in fuga, che includono il Pakistan, l'Iran e la Turchia. Il Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha affermato che la Commissione europea era pronta a fornire dei fondi individuali paesi europei che avessero aderito ad accettare e ricollocare gli afgani rifugiati. A settembre, il Commissario europeo per gli affari interni ospiterà un forum europeo per i reinsediamenti per identificare “soluzioni sostenibili” per gli afgani che sono “maggiormente vulnerabili”, in particolare: donne, bambini, attivisti dei diritti umani, giornalisti e avvocati.

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